Un quadro per la Grotta
Artista eclettico di grande livello,
Tono Zancanaro, è noto ai più per il suo tipico modo di disegnare. E' mancato da più di 5 lustri e le sue opere sono di grande valore. E' presente a "un quadro per la grotta" con ben 9 opere:
Biografia
Antonio Zancanaro (
Padova,
8 aprile 1906 –
Padova,
3 giugno 1985) è stato un
pittore,
incisore e
illustratore italiano.

Nel 1931 comincia a dipingere, e già nel 1933 partecipa ad
esposizioni collettive. Ha per lui importanza decisiva l'amicizia col
medico
Giorgio Rubinato,
che lo avvia, anche attraverso il filtro della grande arte del nostro
secolo, a una più meditata conoscenza del Meridione, dell'arte greca e
mediterranea. Nel 1935, a Firenze, Tono si reca da
Ottone Rosai,
dal quale asseriva d'aver ricevuto «la prima e unica, fondamentale,
lezione sulla natura dell'arte». Nel 1937, un primo viaggio a Parigi: si
reca da
Lionello Venturi,
da tempo li esule. Matura intanto l'impostazione ideologica
dell'artista, già orientato dall'ambiente e dalle letture a un
umanitarismo sociale e alla polemica contro gli stati tradizionalmente
oppressori. Stringe amicizia con
Ettore Luccini e, poco dopo, con
Eugenio Curiel,
che dal 1936 frequenta quotidianamente. Tono è così attratto
dall'ambiente universitario, e in particolare frequenta il gruppo di
giovani triestini legati a Curiel, come
Atto Braun ed altri, il primo «Gibbo» (onirica caricatura di
Mussolini), donato a Luccini, reca la data del 1937. Poco più tardi Tono conosce
Egidio Meneghetti,
Concetto Marchesi
ed altri esponenti dell'antifascismo universitario; presta aiuto per
l'educazione dei ragazzi ebrei discriminati. nella villa di Celina
Trieste: con alcuni amici entra in rapporto con
Francesco Loperfido. Nel 1942 si iscrive al
Partito Comunista Italiano.
Tra il 1942 e il 1943 grava su Tono il sospetto d'un male incurabile:
passa settimane in ospedale (ed è qui che, secondo quanto egli narra,
ricava dei contorni delle ombre che scorge sulle pareti mentre si
riprende dalla crisi, alcuni spunti determinanti per l'invenzione
grafica del «Gibbo»: i cosiddetti «protogibbi»). Verso il 1950, venuto a
contatto con la gente delle risaie, si impegna a suo modo, liberamente,
nell'attuazione di una poetica «realistica». Pur operando costantemente
a Padova, egli si sposta sempre più spesso in altre regioni, e specie a
Roma, dove stringe viva amicizia con
Carlo Levi,
Renato Guttuso e
Mino Maccari. Nel 1942 aveva conosciuto a Milano, su indicazione di Curiel,
Ernesto Treccani, che a sua volta lo aveva messo in contatto, a Roma, con Guttuso, e con Moravia e la
Morante;
ora Treccani lo accoglie spesso nell'ambiente milanese. Tra i viaggi,
oltre a quelli nelle zone vicine, come gli spostamenti continui nel
Polesine, a
Comacchio, a
Mantova, a
Cesenatico, a
Ferrara,
sono stati di particolare rilievo per l'artista quelli in Cina (1956) e
la serie fittissima di quelli in Sicilia e in Magna Grecia. dove Tono
soggiorna per lunghi periodi. In Sicilia stringe nuove amicizie, con
Leonardo Sciascia,
Antonio Uccello,
Vincenzo Tusa ed altri intellettuali isolani, tra i quali l'editore Sellerio. Tra il 1946 e il 1950 era tornato più volte a
Parigi, altri viaggi lo portano in
Russia, in
Polonia, in
Germania Orientale, in
Albania.
Caso raro fra gli artisti si è cimentato con quasi tutte le modalità
delle arti visive, riuscendo sempre ad appropriarsi delle capacità
tecniche necessarie e sufficienti per eseguire il suo lavoro. Anche se
Zancanaro rimane pur sempre maestro ineguagliato nella grafica,
particolarmente nella linea pura e nell'incisione, ha lavorato a lungo
con l'olio e gli acquarelli, ha inciso vasi di vetro appositamente
realizzati per lui dai mastri vetrai di Murano, in stretta
collaborazione con la Cooperativa del Mosaico di Ravenna ha eseguito
numerosi interventi musivi, realizzato arazzi, sculture in bronzo, ecc.
Altra peculiarità del Maestro padovano è stato il suo desiderio di
viaggiare, di muoversi sia per vedere località sconosciute, sia di
conoscere persone nuove, instaurare nuovi rapporti. In questo suo
peregrinare parte importante hanno avuto i musei, luoghi continui di
visitazione e rivisitazione per studio e contemplazione, in particolar
modo quelli di
Spina, di
Grosseto, le zone archeologiche di
Paestum,
Metaponto e
Selinunte.
La sensibilità di Tono Zancanaro, unita al desiderio continuo di
lavorare, di realizzare anche con le proprie mani, non poteva che
portare necessariamente alla scoperta della pittura vascolare greca, ed
al desiderio di reinterpretarla a modo suo, oggi, con i suoi soggetti.
Per questo inizia l'attività di ceramista di Tono Zancanaro, e le prime
produzioni sono dei primi anni cinquanta: l'interesse per questa
lavorazione è tale che si fa costruire un suo forno, nello studio di
Padova, e da solo realizza la maggior parte delle opere, vasi, piatti,
ma anche sculture in terracotta. Nel 1970 ottiene la cattedra
d'incisione all'Accademia di Belle Arti di
Ravenna, che conserva fino al 1977, lavorando con la Cooperativa del Mosaico. Nel 1972 ha la prima grande mostra antologica al
Palazzo dei Diamanti di Ferrara, cui segue nel 1974 una seconda antologica alla Civica Galleria d'Arte del Comune di
Palermo.
Nel 1978 il comune di Padova gli dedica una grandissima mostra
antologica nel Salone della Ragione. Nel 1982 anche il comune di
Milano lo onora con una rassegna antologica nel
Castello Sforzesco. Muore a Padova il 3 giugno 1985.
Opere principali
Il Gibbo è probabilmente l'invenzione grafica più nota di Tono Zancanaro.
Se l'idea della figura fisica del Gibbo nasce con la visione
dell'Angelo, lottatore enorme e deforme visto in un circo, il nome ha
una genesi più complessa. Si forma in parte dalla figura del traditore,
Gibbon appunto, nel film di
John Ford
"The Informer" sulla resistenza irlandese: Gibbon è personaggio deforme
nel corpo e nell'anima, perché tradirà i compagni di lotta; Gibbone è
anche il nome della scimmia che allo zoo fa tanto ridere i bambini per
come mostra il suo sedere spelacchiato, è animale ritenuto impudico e
lascivo.

Dalla mescolanza di questi elementi nasce la figura del Gibbo, il
primo dei quali fu eseguito nel 1937 per il filosofo e amico Ettore
Luccini. Alla genesi del personaggio ha contribuito anche il periodo di
degenza trascorso da Tono in ospedale, con il sospetto di una malattia
incurabile ai polmoni, alla fine degli anni trenta: le macchie di
umidità sui muri, in concomitanza con la sua situazione psicologica,
diventavano nella mente di Tono delle figure mostruose, con lunghe
braccia protese pronte a ghermire: i protogibbi. La degenza faceva avere
a Tono anche altre visioni, che regolarmente erano fermate come
impressioni sui quaderni di appunti che mai gli mancavano. Il Gibbo è
mostrato in vari atteggiamenti, che vanno dal maestoso al surreale, ma
in tutti è comunque messa in evidenza, con l'uso di una linea purissima,
l'enorme massa dell'Uomo della Provvidenza anche quando il protagonista
cerca di mascherarla con movenze leggiadre da funambolo o ballerina.
Ovviamente il Gibbo non è solo, né può essere l'unico responsabile di
quanto accade. In sua compagnia c'è tutta una coorte di personaggi ai
quali vengono attribuite colpe non minori, a partire dal re Vittorio
Emanuele III e da suo figlio il principe Umberto; spesso compare la
Gibboncina che rappresenta l'Italia, e occasionalmente le giovani
fasciste, con il compito di consolare il Gibbo quando è avvilito. Altro
personaggio frequente è
Gabriele D'Annunzio, chiamato l'Orbo Veggente per la fascia che gli copriva a volte l'occhio offeso, e poi
Giorgio De Chirico,
chiamato Giorgio Mostarda. Un gruppo di fogli porta la didascalia PERA
GIBBA, sia per la testa a pera del soggetto, che con riferimento alle
composizioni dell'
Arcimboldo.
Un preciso riferimento a Padova ed alla sua gente, oltre che in molti
paesaggi di sfondo, si ha con le molte GIBBA GAETANA, dove la Gaetana
era una donna malata di elefantiasi, famosa a Padova negli anni
quaranta, oggetto di sbeffeggiamenti da parte dei monelli. Gibbo è in
grado di fare tutto: guida aerei, si lancia con il paracadute, suona
l'arpa, è romantico e sognatore, artigliere, esperto d'arte,
cavallerizzo, batte moneta di grande valore: quanto un Perù. Inoltre
Gibbo è gentile, e quando si trova, lui Gibbone con l'altro scimmiotto
tedesco (Hitler), si scambiano le cortesie.
Del Gibbo si sono occupati quasi tutti i critici di Tono, ma l'opera più importante è certo lo studio di
Carlo Ludovico Ragghianti Il Gibbo di Tono Zancanaro, Ravenna, La Loggetta, 1971; ripreso successivamente dall'autore con il titolo
Tono Zancanaro nella collana Critica d'Arte, Firenze, Vallecchi, 1975.
Biografia e opere principali da http://www.tonozancanaro.it/ e http://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Zancanaro
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